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Le quattro volte



“Le quattro volte”, il film di Framamrtino, girato tra Alessandria e Caulonia: la rivelazione di Cannes


Cannes (Francia). Qualcuno della mia lontana Calabria potrà pensare che io mi trovi al 10° Festyival del cinema di Cannes, come inviato speciale di qualche grande giornale. Eppure, sono in mezzo a tanti giornalisti italiani e stranieri e non ritengo “una cosa straordinaria” se ho sentito da vicino anche Sabina Guzzanti di “Draquila”.
Con me e mia moglie Isabella c’é pure l’avvocato Mimma Covelli, in rappresentanza del Comune di Alessandria del Carretto. Io voglio rappresentare tutta la popolazione del mio paese, dove ho conosciuto Michelangelo Frammartino, che è di origini calabresi ed è il regista di “Le quattro volte”. Michelangelo ha avuto la gentilezza di invitarmi al Festival di Cannes, dove siamo stati dal 16 al 18 maggio; insieme al regista, a tutta la sua equipe e ai suoi genitori. Gente semplice, alla mano e amanti della cultura di provenienza. La madre di Michelangelo è un artista legata al legno d’erica di Calabria, dove si ricavano ottime pipe.
La trama di “Le quattro volte” l’ho già raccontata e del film avete visto quasi tutto alla televisione e letto sui giornali. Ho proprio davanti agli occhi un quotidiano francese, dove vedo una foto sul trasporto della nostra “pita” di Alessandria, e leggo: “Le décor du film est un village medièval dans le sud de l’Italie. Une lecon de patience sur le temp qui pass.”. L’inviato della Stampa di Torino parla dei « moltissimi applausi » e ascolta il regista Aki Kaurismaki : « Filmare un sasso o un albero può essere rivoluzionario, come fa una rivoluzione fotografare personaggi umili quando fino ad allora venivano fotografati solo quelli della classi benestanti ». Infatti, il protagonista del film è un vecchio pastore calabrese, che passa per i quattro cicli della vita: col caprettino appena nato, l’albero dell’abete venduto all’asta per fare carboni, il vecchio che muore accanto alle sue capre.
Valerio Sammarco ha menzionato Il dono, il primo film di Frammartino, il quale, proprio a Cannes, ha voluto ricordare il maestro De Seta e la calorosa accoglienza che Alessandria del Carretto gli fece nell’agosto 2009, quando gli fu conferita la cittadinanza onoraria, dopo 50 anni dal suo documentario “I dimenticati”.
Il “Secolo XIX” definisce Frammartino “star ribelle”, perché dopo La Guzzanti, ha lanciato pure lui un po’ di polemica contro Bondi e il cavaliere: “Il cinema ci fa alzare la testa, la tv ce la fa abbassare”. Bisogna aggiungere che la “Quinzaine des realisateurs”, nella quale è stato selezionato il film di Frammartino, è nata prima degli anni ’60, come reazione al festival che si stava trasformando in sole apparizione. E’ una sezione controcorrente e alternativa. Come dice lo stesso Michelangelo Frammartino, é la sezione delle novità, della esplorazione, del diverso, dello sperimentarle, del giovane. Fra i tanti che sono passati in Quinzaine, ci sono due registi famosi, come i nostri Bertolucci e Bellocchio.
Paolo Mereghetti, del « Corriere della sera », aggiunge che “Frammartino ha svelato i segreti del ciclo della Natura e un mondo ancora arcaico, ma è stato la rivelazione di Cannes”. Nella copertina di una rivista francese leggiamo: ”Frammartino, fra le cose migliori del festival”. Cine zapping lo definisce “un capolavoro”. Un altro giornalista, rifacendosi alle capre di “Le quattro volte”, ha scritto: “E’ un caprolavoro” !
C’è tanto da dire su questo film, anche nel suo aspetto filosofico e antropologico. Frammartino riporta diverse tradizioni della vecchia Calabria; sua nonna quando videro una serpe, disse “pure chella ha n’anima”: ecco l’animismo del filosofo Pitagora, che visse a Crotone.
La sala di Cannes era strapiena. Il regista è stato chiamato sul palco e ha presentato tutti i suoi collaboratori e il produttore. E’ da aggiungere che “Le quattro volte” ha vinto non solo il premio Palm Dog Award (per il cane, migliore protagonista), ma anche il premio Europa Cinema Label, come miglior film europeo alla Quinzaine des Realizateurs. Ha strappato molti applausi; la gente si è alzata all’impiedi ed’è rimasta fortemente emozionata. L’emozione ha toccato anche i genitori del regista. L’attore protagonista è stato favoloso; dovrebbe vincere altri premi. Ha fatto una interpretazione straordinaria. Non dice una parola ma si esprime come i nostri contadini, si fa capire meglio con la gestualità. Sa vivere in mezzo alle capre: come i nostri contadini, la gente che non ha avuto mai voce. Qui sono gli umili che parlano. Vale soprattutto la motivazione della premiazione di Cannes: “questo film offre al pubblico europeo l'opportunità di vedere una visione così vitale di un remoto angolo del nostro continente", che è la Calabria. Il film è stato dedicato ad Angelo Frammartino, un cugino del regista: quel giovane pacifista italiano che era andato a curare i bambini nella guerra del Medio oriente ed’é stato ucciso da un palestinese, perché scambiato per un israeliano. A Monterotondo di Roma è nata una fondazione in suo nome.
Credo che dopo i “I dimenticati” di Vittorio De Seta, girato in Alessandria nel ’59, “Le quattro volte” di Michelangelo Frammartino sia un grosso contributo per la storia, per il sociale, per la cultura del nostro paese e di tutta la Calabria. Nel film si fa capire che “qui, il tempo si è fermato”, ma si deve lottare per recuperare le nostre radici e per non far morire i nostri piccoli paesi.

Antonio Larocca

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